Pittore scultore architetto
attivo a Firenze fra il 1343 e il 1368
Soprannome di una famiglia di artisti di età tardo gotica il
cui principale rappresentante è Andrea di Cione Arcangelo (in
vernacolo appunto Orcagna), attivo a Firenze fra il 1343 (anno in cui
risulta iscritto all'Arte dei Medici e speziali)
e il 1368 come pittore, scultore e architetto. Andrea e i fratelli Jacopo,
Matteo e Nardo (questi ultimi in verità
pià artigiani che artisti) sono in quegli anni a capo della
principale bottega artistica fiorentina, essendo scomparsi nella
peste del 1348 i migliori allievi di Giotto (Maso di Banco, Bernardo
Daddi...). Andrea Orcagna si trova a raccogliere la triplice
eredità
di un architetto come Arnolfo di Cambio, di uno scultore come Andrea
Pisano e di pittore come Giotto e il suo stile, ispirato a quello
di Taddeo Gaddi piuttosto che al "realismo" giottesco,
eserciterà
una profonda influenza sull'ambiente artistico fiorentino della seconda
metà del secolo.
In pittura il suo primo quadro noto, ed il solo che possa essergli attribuito
con certezza, è il polittico della Cappella
Strozzi in Santa Maria Novella (1354-1357), con il Cristo in gloria tra i
Santi, dove il maestro sviluppa uno schema inedito (le figure si dispongono liberamente
senza tenere conto della spartizione in cinque scomparti) e mostra un ritorno
agli antichi valori grafici, alla linea bizantina, piuttosto che insistere sulla
strada di una ricerca del volume e del modellato tracciata da Giotto.
A.Orcagna,
Polittico dalla SS.Annunziata
Questo diverso atteggiamento mentale è dovuto in parte alla crisi
religiosa scatenata dalla terribile "peste nera" del 1348,
in parte dalle diverse ricerche compiute in quegli anni da altre scuole
pittoriche, come quella senese.
Come scultore, la sua principale opera è invece il maestoso Tabernacolo
di Orsanmichele (1349-59), destinato a contenere la Madonna delle Grazie (1348),
ultima opera di Bernardo Daddi. Si tratta di un altare
di marmo a forma di tabernacolo in puro stile gotico-fiorentino, con decorazioni
in vetri colorati, bronzo, marmi policromi e, in basso, otto formelle ottagonali
con le Storie della Vergine dove è visibile una nuova ambizione plastica
e una notevole capacità di collocare le figure nello spazio. Sul retro,
un grande bassorilievo comprendente la Morte della Vergine e l'Assunzione in
cielo, un'opera potente, che prefigura la scultura fiorentina del Quattrocento,
da mettere a confronto con l'identico soggetto realizzato mezzo secolo dopo da
Nanni di Banco per il Duomo, la cosiddetta Porta
della Mandorla, una delle prime opere del Rinascimento.
Fra i personaggi che affollano la Morte della Vergine si riconosce il ritratto
dello stesso Orcagna nella figura all'estrema destra, sotto l'albero e con la
testa coperta.
Nel 1359-62 Andrea e il fratello Matteo sono chiamati a Orvieto per dirigere
i lavori del Duomo ma nel '64 Andrea è già
di ritorno ed è impegnato nella decorazione della facciata
di Santa Maria del Fiore. Del '68 è l'ultima notizia nota:
in quell'anno dipinge una Madonna (oggi perduta) per Orsanmichele.
In gran parte perduti sono anche gli affreschi,
ricordati dal Ghiberti, in Santa Croce.
A.Orcagna, Polittico di S.M.Novella
Qui, sulla parete destra della Basilica, l'Orcagna lascia una grandiosa
raffigurazione del Giudizio Universale: il particolare del Trionfo della
Morte (conservato oggi nel Museo della chiesa) rende con grande energia
il senso della fragilità della vita umana e il sentimento di sgomento
che doveva pervadere la città all'indomani della
"peste nera" che aveva pià che dimezzato la popolazione
della città. Una curiosità: nel gruppo dei tre uomini
che guardano un'eclissi di sole quello che si gira mettendosi una
mano sugli occhi come abbagliato è probabilmente Taddeo Gaddi.
Secondo il Vasari l'Orcagna sarebbe anche
autore degli affreschi del Camposanto di Pisa, che raffigurano ancora
il Trionfo della Morte e il Giudizio Finale, ma oggi sembra che queste
due opere appartengano invece a Francesco Traini.
Come architetto, infine, è suo il progetto per la Loggia di piazza Signoria,
detta nel Cinquecento Loggia dei Lanzi, ma la
costruzione sarà realizzata solo dopo la sua morte (fra il 1376 e il 1382)
dagli allievi Benci di Cione e Simone Talenti.
Tra i suoi fratelli ricordiamo Jacopo di Cione, pittore, morto dopo il 1398,
la cui attività si svolge quasi tutta all'ombra del capofamiglia, da cui
prende stile e committenti. Fra le sue opere segnaliamo il Trittico di San Matteo
(1369, Uffizi), una Incoronazione della Vergine
oggi a Londra e una fastosa Pala d'altare eseguita per la chiesa di San Pier
Maggiore.
Di Nardo di Cione, scomparso a Firenze nel 1366, si segnala la collaborazione
col fratello Andrea negli affreschi del Coro di Santa Maria Novella e in quelli
delle navate di Santa Croce, ma la sua opera
maggiore è il ciclo con Giudizio, Inferno e Paradiso nella Cappella
Strozzi in Santa Maria Novella, realizzato sulla scia giottesca ma molto
vicino al gusto senese per la statica bellezza e la ricchezza ornamentale delle
figure.