Il Marzocco di Donatello
Seconda parte
Libero Comune dal 1075 circa per volere di Matilde di Canossa, marchesa
di Toscana, Firenze passa attraverso vari assetti istituzionali: nel
1138 la troviamo governata da quattro Consoli, che a fine secolo sono
diventati dodici (due per ogni sestiere compreso entro le mura costruite
nel 1172), affiancati da un Consiglio di cento Buonuomini e da un'Assemblea
(Parlamento) di tutti i cittadini atti alle armi.
Nel 1193 appare il primo Podestà, mentre nel Consiglio si fanno largo
i rappresentanti delle Arti, associazioni delle imprese economiche che stanno
rendendo la città ricca e famosa.
Nella lotta per il potere che esplode nel 1215 i fiorentini si dividono in ghibellini
(nobiltà feudale e mercanti ormai potenti) e guelfi (una borghesia emergente,
colta ma sempre di stampo mercantile). I primi dominano fino al 1250 quando,
per liberarsi dell'invadenza di Federico II di Svevia, nasce il mitico governo
del "Popolo Vecchio", o "Primo Popolo", che ha le sue massime
magistrature negli Anziani e nel Capitano del Popolo, chiamato a controllare
il Podestà, mentre restano in vita i due Consigli.
A questi partecipano le Arti e i Gonfalonieri che guidano le compagnie delle
Armi, organizzazioni militari incentrate sulle parrocchie, i cosiddetti "popoli" che
si erano ribellati in armi contro il Podestà
svevo cacciandolo. Questa vittoria delle forze "popolane" (ma
si tratta di mercanti, imprenditori e proprietari di bottega, non
dei loro subalterni) sarà celebrata nella costruzione del
Palazzo del Popolo (1255) l'attuale Bargello, mentre nel 1252 viene
coniato il primo "fiorino"
d'oro a 24 carati, peso 3,54 grammi.
Fiorino d'oro
Nel 1260 la battaglia di Montaperti restituisce la città ai ghibellini, ma solo per sette anni. Dopo la sconfitta degli Svevi e l'avvento di Carlo d'Angiò, Firenze si dà nel 1282 un governo incentrato sui Priori delle Arti, già esistiti in epoca podestarile ma ora vero e proprio "esecutivo", affiancati da un Capitano e Difensore delle Arti simile all'antico Capitano del Popolo. Ma sono ancora le famiglie dei Magnati (mercanti e banchieri spesso di origine aristocratica) che attraverso le sette Arti maggiori tengono saldamente in mano il potere.
Le strade della città
Con gli "Ordinamenti di Giustizia", promulgati nel 1292-93
dal Priore Giano della Bella, nobile ma vicino al "popolo medio",
Firenze cerca di darsi un assetto più democratico.
La nuova costituzione cittadina vieta alle grandi famiglie di accedere alla cosa
pubblica ed istituisce la figura del Gonfaloniere di Giustizia, il magistrato
incaricato di dirigere il collegio dei Priori, guidare la milizia e difendere
dal "popolo grasso" gli interessi delle classi meno agiate. Questo
tipo di governo rimarrà, almeno formalmente e salvo brevi intervalli come
la Signoria dell'Angioino Carlo di Calabria (1325-28) o la tirannia di Gualtiero
di Brienne duca d'Atene (1342), in vigore fino alla presa di potere da parte
della famiglia Medici.
Nella lotta dei Magnati contro gli Ordinamenti si inserisce (1300) la divisione
dei guelfi in Bianchi e Neri, vicini i primi al potente ma "popolano" Vieri
dé Cerchi e i secondi al nobile Corso Donati, eroe della battaglia di
Campaldino con malcelate ambizioni di farsi Signore di Firenze.
Una vera guerra civile per la conquista del potere che ha una vittima illustre,
Dante Alighieri, esiliato nel 1301 in quanto seguace dei Bianchi.
Domenico da Michelino - Dante
Il trionfo dei Neri non è sufficiente a far abolire gli Ordinamenti,
che però nel 1328-29 vengono riformati, permettendo anche ai
nobili l'ingresso al governo. La nuova costituzione fiorentina prevede
un Capitano del Popolo, il Collegio dei dodici Buonuomini che affiancano
i Priori e il Gonfaloniere di Giustizia, e due Consigli: quello del
Capitano o del Popolo, composto da 300 popolani e quello del Podestà
o del Comune, composto da 250 fra popolani e magnati. Una commissione
di tredici autorevoli esponenti del regime escogita per Firenze un
complicato sistema elettorale che, con qualche modifica, sarebbe
rimasto in vigore per un secolo e mezzo. Del 1378 é il maggior
scontro sociale, passato alla storia come il "tumulto dei Ciompi":
dopo il regime aristocratico dei Consoli, quello del "popolo
grasso" del Podestà
e quello del "popolo medio" del Capitano del Popolo e dei
Priori (ovvero oligarchie faticosamente allargate ai nuovi ricchi) é il "popolo
minuto" a chiedere spazi di governo. In rivolta sono gli operai
salariati: i farsettai, i tintori e i cardatori di lana, detti Ciompi.
Vogliono istituire le loro Arti e vogliono che i rappresentanti di
queste siano eletti nelle magistrature cittadine.
Fra i loro capi c'è Salvestro dei Medici,
che grazie a questa militanza otterrà per la sua famiglia una patente democratica
mai più ritirata e il continuo favore del popolo. Giovanni, vero fondatore
della ricchezza familiare, e suo figlio Cosimo "il Vecchio" accederanno
ripetutamente alle maggiori cariche cittadine o le controlleranno attraverso
i loro alleati e la città scivolerà nella Signoria pur mantenendo
esteriormente le antiche forme repubblicane.