Il fronte
Il nucleo originale della costruzione era un'ampia torre medioevale
da difesa, di proprietà della famiglia Brunelleschi. Qui, nel
1364, i figli di Boccaccio Brunelleschi resistettero con successo agli
attacchi dei pisani comandati dal capitano di ventura John Hawkwood, poi entrato nella storia dell'arte
grazie ad un affresco di Paolo Uccello nel Duomo di
Firenze. In seguito la torre passò
agli Strozzi, fino all'esilio di Palla Strozzi ad opera di Cosimo
dei Medici (1434).
L'edificio fu confiscato nel 1532 da Alessandro dé Medici, figlio illegittimo
di papa Clemente VII e primo duca di Firenze, per essere poi donato da Cosimo I al figlio Ferdinando (1568).
All'epoca il complesso era una grande azienda agricola che produceva grano, olio
e formaggi. Fu Bernardo Buontalenti che, fra il 1575 e il 1590 circa, si occupò di
trasformare la fortezza in una splendida villa, ampliandola e ristrutturandola
per farne un luogo di riposo e delizia per il cardinale Ferdinando, succeduto
come Granduca nel 1587 al fratello Francesco I.
Il castello turrito, di cui resta il mastio centrale divenuto una torre-belvedere,
fu così trasformato in una elegante struttura quadrata, mentre il Tribolo progettava il vasto giardino che oggi ospita
una sua fontana ornata da una statua in bronzo del Giambologna: Fiorenza (o Venere) uscente dalle acque
(qui trasferita tra il 1739 e il 1760 e proveniente dalla contigua villa
di Castello).
Dopo il restauro degli anni scorsi la statua è stata trasferita all'interno
della villa. Il parco è un bellissimo esempio di giardino all'italiana,
terzo in ordine di progettazione dopo quelli di Castello e di Boboli,
disposto su più
livelli per sfruttare il pendio irregolare che circonda su tre lati
la villa. Ognuno di questi livelli, collegato agli altri da scale,corrisponde
a una diversa funzione del giardino. Al piano della villa un prato
ornato con vasi di agrumi e statue porta ad una terrazza panoramica
sulla città e sull'Arno; seguono il vivaio, circondato da
siepi zoomorfe, e il giardino vero e proprio diviso in otto grandi
aiuole adibite alla coltivazione di ortaggi e alla sperimentazione
bootanica, scienza sempre cara ai Medici.
Giardino
La parte superiore è tenuta a bosco ornamentale, con sentieri
che si intersecano nel verde, laghetti artificiali e una vegetazione
disposta secondo particolari artifici prospettici,intesi a mascherare
le reali dimensioni della tenuta. È probabile che il completamento
del parco cinquecentesco si debba all'architetto Giulio Parigi, che nel
1631-32 era intervenuto sulla villa con opere di consolidamento e abbellimento.
Risalirebbe al Parigi anche il viale di collegamento fra la Petraia e la villa
di Castello, che hanno sempre costituito un unico grande complesso terriero.
Fulcro monumentale della villa
è il cortile a loggiato interno, adorno su due pareti di grottesche
tardo-cinquecentesche e affrescato da Baldassarre Franceschini, detto
il Volterrano, con i "Fasti"
della famiglia Medici e dell'ordine dei Cavalieri di Santo Stefano,
istituito da Cosimo I per la difesa
dei naviganti contro i pirati.
Lo straordinario programma decorativo, di stile barocco e gusto romano, fu commissionato
dal granduca Ferdinando II ed eseguito fra il 1636 e il 1648.
Le due piccole cappelle furono invece decorate da Bernardino Poccetti. La villa
divenne così un'amena residenza estiva, prima per i Medici e
quindi per i Lorena. Ma non solo: fu qui in particolare che nel Seicento tenne
la sua corte Don Lorenzo dé Medici, cadetto di Ferdinando I, e nel Settecento il principe Gian
Gastone, ultimo granduca mediceo, quando la prematura scomparsa del fratello
maggiore lo designò erede al trono.
Volterrano, il cortile affrescato
Nel 1865, con Firenze capitale d'Italia, la Petraia fornì al
re Vittorio Emanuele II un luogo preferibile a Palazzo
Pitti per la sua privacy: fu infatti la residenza della"
bella Rosina", prima amante ufficiale del re poi moglie morganatica
e contessa di Mirafiori.
Il palazzo fu ammodernato internamente secondo il gusto del tempo; a quel periodo
risale la brutta copertura tipo stazione ferroviaria del celebre cortile interno:
un lucernario in ferro e vetro che permise di trasformarlo in salone da ballo,
mentre il pavimento in classico cotto toscano veniva ricoperto con stucchi e
finto marmo alla moda veneziana. La villa contiene ancora la "salagiochi" del
re, con gli antenati dei moderni flippers.
Una nota merita anche la quercia monumentale che sorge accanto all'edificio e
che conserva tuttora fra i suoi rami la piccola sala da tè
in legno adibita per il re e la sua compagna. Oggi la villa è
patrimonio pubblico essendo stata donata dai Savoia allo Stato nel
1919; il parco è accessibile durante il giorno e l'interno
è visitabile su richiesta.
Seguendo in discesa Via della Petraia si arriva allo slargo di fronte a Villa Corsini,
oggi deposito statale di opere d'arte, ove una lapide ricorda che qui soggiornò Robert
Dudley, ricostruttore per conto di Ferdinando II del porto di Livorno. La piccola
villa con torre, di fronte, fu invece il luogo ove Carlo Lorenzini, detto
"il Collodi", scrisse, ospite del fratello, buonaparte
del libro "Pinocchio".