Pittore
Pratovecchio, Firenze 1397-1475
Figlio di Dono di Paolo, chirurgo e barbiere, e di Antonia di Giovanni del Beccuto, è un grande pittore, giustamente acclamato nei secoli, ma anche un artista singolarissimo e "fuori dal coro" nella Firenze che si sta aprendo al Rinascimento: non è un caso se le sue opere, frutto di un continuo sperimentalismo su strade empiriche e alternative, faranno ravvisare nel nostro secolo singolari analogie sia con il Cubismo che con il Surrealismo.
S.Giorgio e il drago
A soli 10 anni, nel 1407, Paolo figura insieme al giovane Donatello
tra i garzoni di bottega del Ghiberti che lavorano alla rifinitura della prima
porta del Battistero. Subito gli viene
dato il soprannome di "Uccello" o "degli Uccelli",
forse perchè si dedica in particolare a dipingere fregi ornamentali
con uccelli e altri animali. Non è escluso che sia stato anche
allievo di Gherardo Starnina (fiorentino, attivo in Spagna a cavallo
fra '300 e '400, considerato uno degli "importatori" del gotico
internazionale a Firenze), oltrechè vero autore dell'affascinante
Tebaide degli Uffizi.
La sua formazione avviene comunque in quei primi due decenni del Quattrocento
che vedono il linguaggio e la cultura figurativa gotica sottoposti a un incessante
sperimentalismo teso alla ricerca di un'unità
prospettica. Purtroppo Paolo Uccello, iscritto alla Compagnia dei
Pittori di San Luca nel 1424, già nel '25 lascia Firenze,
chiamato a Venezia per eseguire mosaici (oggi perduti) in San Marco.
Per giudicare questa sua prima fase creativa ci resta solo l'Annunciazione
(1425) della Cappella Carnesecchi in Santa Maria Maggiore, un'opera
dalla prospettiva piuttosto complicata. Tornerà dopo cinque
anni, del tutto ignaro di quella che nel frattempo è stata
la rivoluzione di Masaccio al Carmine e poco
informato anche sul progetto (segretissimo) del Brunelleschi per
realizzare la Cupola di Santa
Maria del Fiore, la cui esecuzione era iniziata nel 1423.
È quindi un maestro poco aggiornato sulle strabilianti novità
fiorentine quando, nel 1431, torna in patria.
Monumento equestre
di John Hawkwood
Lavora in Santa Maria Novella (Storie
della Vergine nel Chiostro Verde, 1431
ca.) e in Duomo, dove nel 1436 realizza
a fresco, in soli tre mesi, quel monumento
equestre al condottiero Giovanni Acuto che
lo rende famoso: la posa del cavallo ricorda quelli di San Marco ma la
naturalezza è per l'autore meno interessante delle forme geometriche
e tutto l'insieme ha di conseguenza un sapore molto vicino all'astrazione.
Per Santa Maria del Fiore realizza anche la decorazione del grande orologio (1443)
con quattro potenti teste di profeti agli angoli e i cartoni per due
delle vetrate tonde della Cupola (i cosiddetti "occhi")
con la Resurrezione e la Natività (1443-45). Parallelamente, realizza
affreschi nel Duomo di Prato, in San Miniato
al Monte (Storie di Santi monaci) ed esegue per committenti privati
una serie di piccole tavole di gusto ancora gotico e favolistico, come
quelle con il San Giorgio e il drago conservate a Parigi e Londra (1456
ca.).
Nel '45 è chiamato a Padova da Donatello, e in casa Vitaliani dipinge
dei Giganti (perduti) che avranno probabilmente influenza sul giovane Mantegna.
Nel '47 è di nuovo a Firenze, e affronta le Storie di Noè nel Chiostro
Verde di Santa Maria Novella: straordinaria
fra queste la lunetta col Diluvio Universale (1446-48), dove il maestro sembra
voler sperimentare tutte le prospettive possibili: la scena è costruita
con un doppio punto di vista (quello della prospettiva geometrica è invece
unico) e di conseguenza le linee sembrano sfasarsi non avendo un unico punto
di fuga; gli effetti ottici si moltiplicano, a volte deformando le figure a volte
realizzando scorci audacissimi.
La battaglia di S.Romano
L'opera è un vero pezzo di bravura che esce da tutti gli schemi.
La testimonianza maggiore dell'arte di Paolo Uccello viene poco dopo, fra il
1456 e il '60, con la realizzazione dei tre dipinti che celebrano la Battaglia
di San Romano, in cui nel 1432 i fiorentini, guidati da Niccolò da Tolentino,
avevano assalito e sconfitto i senesi alleati dei Visconti di Milano. Si tratta
di tre pannelli fatti per una camera del Palazzo Medici di via Larga (uno si
trova oggi agli Uffizi, gli altri due rispettivamente
al Louvre e alla National Gallery di Londra) e riassumono con grande potenza
tutto il fascino di questo genio pittorico. Esaminiamo il pannello degli Uffizi:
sullo sfondo di un paesaggio ancora medievale si svolge una composizione affollatissima
che raffigura il disarcionamento di Bernardino della Ciarda mentre in primo
piano si collocano guerrieri armati di lance e balestre e cavalli nelle pose
più svariate. Ma le masse in urto dei combattenti sono bloccate nella
prospettiva, i guerrieri corazzati sono simili ad automi, le lance creano delle
palizzate, i cimieri quasi dei cespugli, l'atmosfera è rarefatta, i
colori fantastici creano un effetto di intarsio policromo, tutto l'insieme
sembra un gioco irreale e come tale incanterà, nel nostro secolo, i
Surrealisti.
L'artista realizzerà ancora alcune predelle (il Miracolo dell'ostia, 1469,
Urbino), piccole tavole con soggetti profani e una serie di ritratti, alcuni
sul modello masaccesco altri più vicini all'eleganza cortigiana di Pisanello,
ma la sua fortuna è ormai scarsa. Nel 1469 è di nuovo a Firenze
dopo il soggiorno urbinate alla corte dei Montefeltro, e qui, "più povero
che famoso", oppresso da malanni e preoccupazioni economiche, morirà sei
anni più
tardi.