I mosaici dell'abside
Mosaici
Il primo rivestimento a mosaico realizzato all'interno del Battistero fu quello della "scarsella", la cappella absidale che ospita l'altare. Trasformata nel 1202 da semicircolare in rettangolare, l'abside fu decorata a partire circa dal 1225-28 da frà Jacopo (detto per questo "della Scarsella"), primo artista del neonato Ordine francescano, chiamato in Battistero dai Consoli dell'Arte di Calimala, patroni dell'Opera di San Giovanni. Il monaco mosaicista vi raffigurò il Battista e la Vergine in trono, con al centro l'agnello mistico, Profeti e Patriarchi. Seguirono, a partire dal 1266-70, i mosaici della cupola. Niente dalla piazza fa presagire l'ampiezza di questa copertura piramidale a otto spicchi. Si tratta infatti di una costruzione doppia: la volta esterna nasce dal tamburo (il terzo piano del rivestimento di marmi) mentre quella interna scende fino al secondo livello, dov'è il matroneo. Anche questo sistema di coperture sovrapposte, simile al Pantheon romano, fu attentamente studiato dal Brunelleschi per il progetto della cupola del Duomo.
I mosaici della cupola
La volta piramidale interna è interamente decorata da bellissimi mosaici che raffigurano il Giudizio Universale, storie del Battista, di Giuseppe e della Genesi. La narrazione, tutta su fondo oro, si svolge in sei fasce concentriche che tagliano in orizzontale gli otto spicchi (una soluzione che tornerà nel Giudizio Universale affrescato dal Vasari nella cupola del Duomo). In cinque di questi spicchi ogni episodio è separato verticalmente dagli altri con colonnine pittoriche che richiamano la stessa divisione in tre del rivestimento marmoreo.
Il Cristo Giudice
Questa la descrizione dei mosaici. In alto al centro, intorno all'apertura della lanterna, è una zona di motivi ornamentali; segue l'immagine di Cristo circondato da Serafini e dalle gerarchie angeliche; nella terza fascia sono storie della Genesi, nella quarta storie di Giuseppe, nella quinta storie di Cristo e nell'ultima storie del Battista. La zona absidale è dominata dalla gigantesca figura del Cristo Giudice (più di otto metri di altezza) con ai lati, su tre fasce sovrapposte, gli angeli che annunciano il Giudizio, la Vergine, il Battista e gli Apostoli, la Resurrezione dei morti e la divisione dei Beati dai Dannati, con una terrificante rappresentazione dell'Inferno che certo ispirò quella di Dante nella Divina Commedia.
Coppo di Marcovaldo, l 'Inferno
L'intero ciclo fu compiuto in pochi decenni a cavallo fra Due e Trecento da mosaicisti veneti (i più quotati, diretti eredi della tradizione bizantina) ma su disegni e cartoni forniti dai migliori artisti fiorentini dell'epoca. Qui lavorarono il Maestro della Maddalena, Meliore di Jacopo, il Maestro del San Francesco Bardi, Gaddo Gaddi e soprattutto Coppo di Marcovaldo e il suo allievo Cimabue, grande iniziatore della nuova pittura "italiana". Alla potente personalità di Coppo si fanno risalire la figura del Cristo Giudice e la rappresentazione dell'Inferno, mentre Cimabue avrebbe fornito i disegni per le storie di Giuseppe. L'insieme costituisce un saggio collettivo della pittura fiorentina anteriore a Giotto e mostra già un nuovo senso della monumentalità dei gruppi e del loro risalto plastico.