Giusto Sustermans,
ritratto di Vittoria della Rovere
Collezioni granducali
Le collezioni granducali medicee si arricchiscono improvvisamente nel 1631, grazie al contratto di nozze tra Ferdinando II (granduca dal 1621 al 1670) e Vittoria della Rovere, quando arrivano a Firenze i fondamentali dipinti della collezione del ducato di Urbino, di cui la giovane granduchessa era l'ultima erede: 57 opere d'arte di straordinario livello eseguite da maestri come Piero della Francesca (ritratti di Federico da Montefeltro e Battista Sforza), Raffaello (i ritratti di Francesco Maria della Rovere e di Papa Giulio II) e Tiziano (la Bella, la Venere d'Urbino, i Ritratti di Eleonora Gonzaga e Francesco Maria della Rovere).
Giusto Sustermans,
ritratto di Ferdinando II giovinetto
Nel 1639 arrivano a Firenze anche l'Assunzione di Andrea
del Sarto, omaggio del cavalier Passerini da Cortona al granduca
Ferdinando II, e il Riposo in Egitto del Correggio, ottenuto dal
duca di Modena in cambio di un altro dipinto (il Sacrificio d'Isacco
di Andrea del Sarto).
Il Seicento è un secolo d'oro per il collezionismo mediceo anche
perchè vi contribuiscono alcuni cadetti della famiglia come
il Cardinal Decano Carlo (1596-1666, quinto degli otto figli di Ferdinando
I), che nella sua residenza di piazza San
Marco raccoglie ben 176 dipinti, molti dei quali appartenenti alla
contemporanea scuola toscana, e i tre fratelli di Ferdinando
II: Giovan Carlo (1611-63), che ama Salvator Rosa e il Van Aelst,
Mattias (1613-67), che acquista il San Francesco del Ribera ma predilige
le scene di battaglia del Borgognone e di Livio Mehus, e il cardinal
Leopoldo (1617-75).
Quest'ultimo, in particolare, raccoglie in tutta
Italia una serie impressionante di dipinti, specie di scuola veneta
(fra gli altri quattro opere di Tiziano: il ritratto di Vincenzo
Mosti, il Concerto già attribuito a Giorgione, il ritratto
del Vescovo Beccadelli e quello del Cavaliere di Malta). E ancora
la Madonna del Sacco del Perugino e le Tre Grazie di Rubens.
Perugino,la Madonna del Sacco
Gli inventari della sua eredità elencano 730 quadri, 11.810 disegni (il nucleo del Gabinetto Disegni e Stampe), 318 sculture, 589 ritrattini e 36 miniature su pergamena, quasi 7.000 medaglie tra antiche (4.000) e moderne, di cui 760 d'oro, quasi 900 cammei e intagli, un centinaio di avori (scolpiti e torniti) e altrettanti cristalli, circa 800 pezzi di porcellana orientale e 120 di maiolica italiana. Infine, quegli autoritratti che daranno inizio alla raccolta (unica al mondo) oggi esposta nel Corridoio Vasariano.
Giusto Sustermans,
ritratto di Cosimo III
Se l'attività di Cosimo III (1639-1723) come collezionista si limita ad accrescere l'originale raccolta degli autoritratti e a riempire gli Uffizi di opere olandesi e fiamminghe, ben più attivi sono il fratello minore, cardinale Francesco Maria (1660-1711), e soprattutto il figlio primogenito, il Gran Principe Ferdinando (1663-1713), morto a cinquant'anni prima di poter succedere al padre sul trono. Egli si fa mecenate di una serie di artisti fiorentini suoi contemporanei come Anton Domenico Gabbiani, il Sacconi, il Cassana, mentre nella villa di Poggio a Caiano colleziona quadri di piccolo formato.
Rosso Fiorentino, Pala Dei
Dagli eredi del ritrattista di corte Giusto Sustermans il Gran Principe
acquista poi (1691) Le conseguenze della guerra, opera fondamentale
di Rubens, e si fa notare per la spregiudicata "espropriazione"
di grandi pale d'altare dalle chiese per cui erano state dipinte:
tre opere di frà Bartolomeo arrivano (1690-92) da San
Marco (lo Sposalizio di Santa Caterina e il San Marco) a da
San Lorenzo (la Sant'Anna Metterza), un Rosso Fiorentino da Santo
Spirito (la Pala Dei, 1691), un Raffaello dalla cattedrale di Pescia
(La Madonna del Baldacchino, 1697), un Andrea del Sarto da San
Francesco dei Macci (la Madonna delle Arpie, 1703), un Annibale
Carracci dall'Eremo di Camaldoli (Cristo in gloria e Santi), un
Carlo Maratta da San Giovanni dei Fiorentini in Roma (Madonna con
San Filippo Neri). La sua più grossa soddisfazione è però quella
di "levare ai frati" di Santa Maria dei Servi a Parma
la Madonna dal collo lungo del Parmigianimo (1698).
Chiusa l'epoca
medicea col testamento dell'Elettrice
Palatina Anna Maria Ludovica (1737, riconfermato nel 1743),
che lega tutte le opere d'arte alla città di Firenze, l'epoca
lorenese si apre all'insegna della redistribuzione delle opere,
suddivise tra gli Uffizi e la reggia
di Pitti. La Venere d'Urbino,
ad esempio, spostata nella Tribuna,
ne diventa per tutto il Settecento il quadro più celebre
e ammirato.