Copia romana, "Lo spinario"
Le statue classiche degli Uffizi costituiscono un insieme di notevole interesse storico-artistico e di straordinaria valenza spettacolare. La maggior parte dei marmi antichi, autentica palestra per generazioni di scultori toscani, è infatti disposta lungo i tre corridoi della Galleria (non a caso detta a lungo anche "Galleria delle Statue"): in particolare nel secondo, breve, corridoio si trovano lo Spinario, il Busto di Antinoo e la Venere al bagno. Altre antichità sono raccolte nella Sala archeologica, in quella della Niobe e nella Tribuna, dove sono le opere più celebri e dove si apre la saletta dell'Ermafrodita.
Arte romana, busto di Antinoo
È noto che Lorenzo il Magnifico aveva raccolto nei giardini di San Marco una grande quantità di marmi antichi, fondamentali per l'esperienza didattica di giovani artisti come Michelangelo. Nel Cinquecento il granduca Cosimo I e suo figlio Francesco I radunarono poi quanto rimaneva di queste prime collezioni medicee, disperse nel sacco del 1494, in Palazzo Pitti, Palazzo Vecchio e agli Uffizi. È anche l'epoca in cui gli scavi nel territorio del Granducato riportano alla luce opere etrusche quali la Chimera, l'Arringatore e la Minerva oggi al Museo Archeologico.
Copia ellenistica, la Venere de' Medici
Ma è con il cardinale e poi granduca Ferdinando I, residente a Roma fino al 1587 (anno in cui succede sul trono al fratello Francesco I, morto senza eredi maschi), che la raccolta si arricchisce delle migliori sculture antiche, in genere di tradizione ellenistica: la celebre Venere dei Medici (derivazione del I secolo a.C. da un originale di Prassitele del IV-III secolo a.C., forse proveniente dalla Villa Adriana di Tivoli), lo Scita detto l'Arrotino (ritrovato a Roma verso il 1519), i Lottatori, Doniso e il satiro (scavato presso Porta Maggiore verso il 1550) e il gruppo medioellenistico delle 12 statue di Niobe e i Niobidi (decorazione del frontone di un tempio, ritrovate nel 1583 presso San Giovanni in Laterano).
Copia romana,
Fauno danzante
Tuttavia Ferdinando I, che acquistò in blocco anche la collezione Valle Capranica (1584), lasciò gran parte delle statue nella villa medicea di Roma (posta sul Pincio e acquistata nel 1576) dove aveva abitato fino alla morte del fratello, e di lì le sculture non furono ritirate che più tardi: una prima volta nel 1677 (quando Cosimo III fece trasportare a Firenze la Venere dei Medici e l'Ermafrodita) e poi fra il 1778 e il 1787, in concomitanza con l'affermarsi delle tendenze laiciste dell'epoca lorenese e la nuova passione per l'archeologia.
Copia romana, Venere
Per ospitare il Gruppo dei Niobidi il granduca Pietro Leopoldo incaricò (1780-81)
l'architetto Gaspare Maria Paoletti di allestire nel corridoio di ponente
della Galleria un nuovo salone, appunto la Sala
della Niobe, riccamente decorata di stucchi bianchi e dorati, dove le
12 statue si trovano tutt'ora.
Dell'intera raccolta di sculture antiche, per lo più romane
o copie romane di originali greci, vanno ricordate oltre ai Niobidi
almeno le copie (in marmo e basalto) del Doriforo di Policleto (
Sala Archeologica), la replica dell'Ares di Alcamene, le statue di
Asclepio e di Demetra, la Venere dei Medici, l'Arrotino e i Lottatori
(queste ultime tre nella Tribuna), l'Eracle
Farnese, le due statue di Marsia, lo Spinario (secondo corridoio),
il busto di Alessandro morente.
Arte romana, sarcofago con Fedra e Ippolito
E ancora i ritratti di Ottaviano, Agrippina Minore, Traiano, Antonino Pio, Lucio Vero, Marco Aurelio, Caracalla, Severo Alessandro. Tra i rilievi il Cratere neoattico con fregio figurato e i sarcofagi con il Ratto di Proserpina e con la storia di Fedra e Ippolito.
Baccio Bandinelli,
copia del Laoconte
Da segnalare anche la copia del Lacoonte (scoperto a
Roma nel 1506) eseguita in marmo da Baccio Bandinelli: da questa scultura
antica avrebbe tratto ispirazione Michelangelo per
il suo Tondo Doni.