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di Gloria Chiarini


Orsanmichele
l'arte delle Arti

Uno strano edificio si apre nel cuore della Firenze medievale, tra Por Santa Maria, via Calimala e via Calzaiuoli, a due passi dal Ponte Vecchio. Si tratta di Orsanmichele, un luogo che è stato prima convento femminile, poi chiesa, poi mercato del grano, poi di nuovo chiesa e granaio e archivio: la sua storia travagliata si riflette nella struttura inconsueta, composta di un grosso cubo in pietra alto due piani, illuminato da grandi bifore traforate, dall'aspetto più simile a un palazzo che a una chiesa. All'esterno, tutt'intorno, una corona di 14 statue tra le più preziose del Rinascimento fiorentino, all'interno il maestoso tabernacolo gotico di Andrea Orcagna (1349-59) che contiene la Madonna delle Grazie dipinta da Bernardo Daddi nel 1347. Sappiamo che alle origini della Firenze cristiana qui sorgeva un monastero femminile dotato di un vasto terreno coltivato a orti che forse giungeva fino all'Arno. Nel 750, sotto i longobardi, l'oratorio fu sostituito da una chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo e subito detta "San Michele in Orto" ovvero, popolarmente, Orsanmichele: un nome arrivato fino ad oggi. Questa prima chiesa fu del tutto cancellata nel 1240, quando la Repubblica Fiorentina decise di costruire nello stesso luogo un edifico "civile", ovvero una loggia per il mercato del grano e dei cereali.


Orsanmichele

Realizzata verso il 1284-90 forse da Arnolfo di Cambio, la costruzione veniva distrutta nel 1304 da un incendio e, nel 1337-50, era sostituita da una nuova loggia, l'attuale, affidata ai più rinomati architetti fiorentini dell'epoca: Francesco Talenti, Benci di Cione e Neri di Fioravante (autore anche del Ponte Vecchio). Il progetto prevedeva un ingrandimento della loggia e la costruzione di piani rialzati mentre, all'esterno, ogni pilastro veniva affidato al patronato di un'Arte, incaricata della sua decorazione con statue e Tabernacoli.

I magazzini del grano erano posti ai piani superiori: il grano scendeva alla loggia sottostante (ancora aperta) attraverso i pilastri di sostegno ed usciva dalle bocchette apposite che vi si aprivano. Si può avere un'idea di questo curioso meccanismo entrando nella chiesa dal portale principale, quello su via dell'Arte della Lana, e osservando alcuni elementi. Nel pilastro a sinistra notiamo innanzitutto una porticina con tre gradini; al di sopra dell'architrave c'è un bassorilievo che raffigura il "moggio", antica unità di misura del grano e al tempo stesso contenitore; dentro il pilastro è la scala che sale ai piani superiori. Se poi alziamo gli occhi vediamo, nella volta, un'apertura attraverso cui, per mezzo di argani e pulegge, venivano sollevati i sacchi di grano e avena da immagazzinare. Accanto alla scala ci sono infine altri due pilastri con aperture rettangolari, sotto le quali venivano messi i sacchi da riempire: il pilastro di destra attingeva alle riserve del primo piano, quello di sinistra alle riserve del secondo piano.

Nel 1367-80 la struttura fu ancora modificata (e conclusa nel 1404) da Simone Talenti: le arcate furono chiuse, il luogo fu nuovamente dedicato al culto ma, sopra la loggia, si mantennero i due piani con i bellissimi saloni gotici. Qui continuarono ad essere immagazzinate le scorte di grano fino al 1569, anno in cui il granduca Cosimo I decise di trasferirvi gli archivi notarili della città affidando il progetto al Buontalenti (1571). Oggi questi spazi, visibili a richiesta, vengono usati in parte come archivio e in parte per esposizioni temporanee d'arte. Vi si può accedere anche dal Palazzo dell'Arte della Lana, posto di fronte a Orsanmichele e collegato ai suoi piani superiori da un arcone cinquecentesco. Anomalo anche l'interno della chiesa: un vano rettangolare diviso in due navate. In una di queste è collocato il grandioso tabernacolo in marmo dell'Orcagna già citato. Sul retro, nel bassorilievo con la Morte della Vergine, l'Orcagna ha ritratto se stesso: è la figura all'estrema destra, sotto l'albero e con il capo coperto.

In fondo alla navata di sinistra si trova invece l'Altare di Sant'Anna, scolpito nel 1526 dal giovane Francesco da San Gallo. Sui pilastri e alle pareti della chiesa molti frammenti di affreschi del '3-400, opera di Niccolò di Pietro Gerini, Jacopo Casentino, Spinello Aretino, Lorenzo di Credi, Mariotto Albertinelli, il Sogliani: in origine tutta la chiesa era dipinta ma nel 1770 una imbiancatura nascose le pitture, riscoperte solo nel 1864. Non c'è da meravigliarsi: la stessa sorte toccò in quell'epoca perfino agli affreschi di Giotto in Santa Croce. Tornati all'esterno ammiriamo le statue e i 14 Tabernacoli, vera antologia della scultura fiorentina rinascimentale in tutto il suo percorso. Furono progettati e finanziati dalle 14 Arti cosiddette "Maggiori", le stesse che avevano fatto la fortuna della città. Le Arti erano associazioni nate come Confraternite "sindacali" di lavoratori appartenenti a uno stesso settore professionale ma avevano ormai da tempo raggiunto posizioni di governo all'interno della Repubblica fiorentina e, a metà del Trecento, la ricchezza e il potere di alcune di esse (ad esempio quelle di mercanti e banchieri) erano tali che sotto il loro patronato veniva spesso posta la costruzione di opere d'arte, come il Duomo o San Miniato. Per ornare i 14 Tabernacoli di Orsanmichele le Arti si rivolsero ai migliori artisti dell'epoca, commissionando costose statue in marmo oppure in bronzo dedicate ai loro santi protettori.

Girando intorno alla chiesa a partire da via dell'Arte della Lana incontriamo: il Tabernacolo dell'Arte del Cambio (S.Matteo in bronzo di Lorenzo Ghiberti, 1420), il Tabernacolo dell'Arte della Lana (S.Stefano, bronzo di Lorenzo Ghiberti, 1426-28) e il Tabernacolo dell'Arte dei Maniscalchi (S.Eligio in marmo di Nanni di Banco, 1415). Voltato a sinistra in via de' Lamberti ecco il Tabernacolo dell'Arte dei Linaioli e Rigattieri, dominato dal S. Marco scolpito in marmo dal grande Donatello (1411-13): è una delle prime statue della serie e ben si capisce come abbia generato una specie di gara fra le Arti per avere l'opera più bella. Seguono i più modesti Tabernacoli dei Pellicciai e dei Medici e Speziali e infine il Tabernacolo dei Setaiuoli e Orafi (S.Giovanni Evangelista, bronzo di Baccio da Montelupo, 1515). Il lato su via dei Calzaiuoli si presenta con il Tabernacolo dell'Arte di Calimala e il suo S.Giovanni Battista firmato da Lorenzo Ghiberti (1416), che in quegli anni stava terminando la Porta nord del Battistero. Segue una delle opere più belle, il Tabernacolo del Tribunale di Mercatanzia con il gruppo dell'Incredulità di S.Tommaso scolpito in marmo da Andrea Verrocchio (1484). Straordinario anche il Tabernacolo, realizzato nel 1425, da Donatello e Michelozzo. Infine il Tabernacolo dei Giudici e Notai col S.Luca del Giambologna (1601). Voltando da via Calzaiuoli in via Orsanmichele si incontrano il Tabernacolo dell'Arte dei Beccai (macellai) con il S.Pietro in marmo di Donatello (1408-13), e due opere di Nanni di Banco per il Tabernacolo dei Conciapelli e per quello dei Fabbri e Legnaiuoli (il notevolissimo gruppo dei Santi Quattro Coronati, 1408).

Chiude la serie il Tabernacolo degli Armaiuoli, anch'esso affidato a Donatello, che nel 1416 scolpisce in marmo uno straordinario S.Giorgio, fiero ed energico, che oggi è al Museo del Bargello, sostituito da una copia, e che si può considerare tra i capolavori dell'arte plastica rinascimentale.


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