...Questi alberelli di pino vengono chiamati "Piante
mutanti" e ce ne mostrano le prove: gli aghi di un pino
normale crescono a coppie, cioè due alla volta, qui invece
sono tre o quattro. Altri crescono direttamente dal tronco e il tronco delle
volte è morbidissimo e altre volte è duro come
il faggio. Si vede insomma, e si sente, che c'è stata
una mutazione genetica. Doina, apparentemente poco interessata, si avvicina al
soldato che ci fa da autista e tramite Galia chiede se possiamo
riprendere il viaggio. Salutiamo dunque il biologo, montiamo
di nuovo sul furgone e ripartiamo. Man mano che andiamo avanti il paesaggio cambia. Vediamo
delle immense aree spianate, come se delle gigantesche ruspe
avessero livellato il terreno. Il soldato seduto dietro con
noi ci racconta che 12 o 13 villaggi intorno alla centrale sono
stati rasi al suolo e seppelliti, così come un intero
bosco di pini. Tutto è sotto terra.
Il municipio abbandonato di Vetka |
Ciò che racconta il soldato ci impressiona molto.
Osserviamo fuori dal finestrino quello che a me sembra un immenso
cimitero e piano piano inizio a rendermi conto del disastro
ecologico che è successo qui. E ho paura. La sensazione
di angoscia che avevo fin dall'inizio del viaggio è aumentata. Siccome so che l'aria è infetta, anche se è
stupido, faccio delle inspirazioni brevi e superficiali, come
talvolta mi capita di fare quando pedalo in bicicletta in mezzo
al traffico cittadino. Tutto questo mi rende ancora più nervoso e irascibile
e quando ad un certo punto l'autista tira fuori dal cruscotto
delle mascherine monouso da mettere sul viso come protezione,
quasi gliela strappo di mano. Gli dico subito "Sorry,"
in inglese, ma il giovane soldato sembra capire la mia tensione
e risponde subito "Da, da!" e qualcos'altro che non
comprendo... |