Testimonianza di Raffaele Virdis (I)
Nel novembre 1966 avevo 20 anni e stavo iniziando il secondo anno di Medicina. La notizia dell' alluvione a Firenze e nel Veneto mi colpl profondamente e mi unii, qualche giorno dopo l'inizio del disastro, ad un gruppo di ragazzi di Parma che andavano a Firenze con una corriera messa a disposizione dall' amministrazione comunale.La corriera sarebbe rientrata in serata ed io partii con l'intenzione di fare un giro esplorativo per un eventuale ritorno attrezzato e con un progetto preciso. Una volta arrivati a Firenze, piena di fango e con alcune strade ancora invase da acqua stagnante e limacciosa, fummo portati alla Biblioteca Nazionale ove mi diedero una spugnetta e dell' acqua pulita e, dopo sommarie istruzioni, mi misero a pulire dal fango alcune bellissime carte topografiche della campagna toscana, in gran parte disegnate e colorate a mano risalenti al '600-'700. Negli intervalli di lavoro conobbi altri studenti parmigiani, a Firenze già da 2 o 3 giorni e alloggiati, come molti altri volontari, in vagoni al deposito ferroviario vicino alla Stazione di S. Maria Novella in pieno centro.
Quello che avevo visto all'arrivo, la situazione generale ed artistica in particolare, i racconti dei nuovi amici mi spinsero a fermarmi a Firenze anche se non avevo ricambio e sacco a pelo. Per 2 giorni lavorai alla biblioteca con molti altri volontari di tutta Italia: erano erano politicizzati (sia di sinistra sia di destra) e circolava già un diffuso sentimento protestatario.
Alla sera partecipavo a lunghe discussioni nel vagone che ci accoglieva, ove con gli studenti c'erano anche i primi hippies (capelloni) e - ma non vorrei confondere con ricordi successivi - giravano i primi spinelli. Il sentimento di rabbia e di protesta aveva contagiato tutti: ricordo che mentre facevamo una catena umana nei sotterranei della Biblioteca (passandoci i libri fino a farli giungere ai piani superiori per la pulizia e il restauro) passò un importante uomo politico in visita ufficiale (forse Moro) accompagnato dall'indifferenza dei più e da fischi e urla di protesta di qualcuno.
Il lavoro alla Biblioteca non mi soddisfaceva perchè mi sembrava di essere poco utile ed ero inoltre "scandalizzato" dalle ruberie di alcuni volontari che sottraevano di tutto. In particolare ricordo di aver visto circolare sui vagoni fogli miniati manoscritti, stampe, disegni e bellissimi fogli di musica. Altri volontari ed io formammo un gruppo ristretto di lavoro e andammo in giro per i quartieri più colpiti ad offrire il nostro aiuto.
Il primo giorno ci recammo in Santa Croce ove un frate ci fece visitare tutto il complesso, compreso il grandioso Crocefisso di Cimabue danneggiato dal fango, e già adagiato su dei supporti, pronto per il trasporto in altra sede per essere restaurato e ci incaricò di ripulire dal fango alcuni altari laterali della Basilica e con mia grande soddisfazione alcune tombe "dei forti" di foscoliana memoria. Nei giorni successivi andammo per le strade e ricordo di aver liberato dal fango con i miei compagni abitazioni al piano terreno, cantine private, magazzini e negozi.
Dopo le prime esperienze avevamo incominciato a selezionare i "clienti" preferendo gli anziani, i negozi più dimessi e le piccole botteghe artigiane. Dopo una decina di giorni di lavoro entusiasmante fui rispedito a casa da un medico inesperto che scambiò una reazione alle vaccinazioni che mi avevano fatto per un' ernia inguinale.
Sono passati trent'anni da quei giorni, ho rivisto Firenze tante altre volte, ma non mi è più sembrata bella e affascinante come allora. La settimana o poco più che passai li è stata molto importante per la mia maturazione culturale ed umana ed ha costituito il presupposto di altre esperienze nel campo professionale e sociale.
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