Testimonianza di Carlo Alberto Garzonio (I)
La prima sensazione che avemmo alla notizia dello straripamento dell'Arno fu di incredulità. Pensammo ad una esagerazione.Abitavamo al Campo di Marte, in Via Bertani e la notizia sembrava impossibile. Mio padre Umberto, mio fratello Stefano ed io ci dirigemmo verso Piazza Alberti percorrendo Via Lungo l'Affrico. Continuava a piovere, l'acqua usciva dai tombini, evitammo di salire sul cavalcavia già affollato. Dalle voci, dagli sguardi capimmo che la situazione era grave davvero.
Nel primo pomeriggio, ovviamente a piedi, tentammo di arrivare in centro. Nel nostro zigzagare toccammo Piazza Isidoro del Lungo, Via Cherubini, Via Lamarmora, Via Modena in parte allagate. Arrivammo nelle vicinanze di San Marco e fummo costretti a fermarci prima di Via della Dogana: ricordo le auto che volteggiavano nell'acqua il cui livello non era molto alto ma la velocità era impressionante. Ho un'altra immagine ben chiara e desolante che mi colpì: i pianoforti del negozio di strumenti musicali "Brizzi e Niccolai" in Via de' Pecori che galleggiavano nel seminterrato. Il titolare, il sig. Morelli era un amico di famiglia.
E ricordo la nafta ovunque e il suo odore invadente. Calava il livello dell'acqua e aumentava la voglia di fare . Da uno dei tanti centri di smistamento aiuti, situato di fronte al palazzo Medici Riccardi, fummo indirizzati prima alla Biblioteca Nazionale dove però c'erano troppi volontari, quindi all'Archivio di Stato e infine all'Accademia dei Georgofili. Lì, come altrove, la situazione era disperata. Tiravamo fuori dal fango i libri o quel che ne restava, pulivamo le pagine tra le quali poi venivano interposti dei fogli di carta assorbente e li portavamo ad essiccare a Villa Peruzzi, all'Antella. Ci passavano tra le mani trattati di pianificazione, sistemazione agraria ecc.
Ai Georgofili ci sono stato un mese, forse più. Avevo 13 anni.Carlo Alberto Garzonio, geologo e docente universitario
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a cura di
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