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di Cinzia Dugo


Un'opera "tutta fiorentina"

Ogni anno il mese di maggio fa un bellissimo regalo alla città di Firenze: le permette di indossare una nuova affascinante veste, di elevarsi a capitale europea della musica e del teatro. All'aria mite e profumata tipica della stagione primaverile si affianca il dilagarsi di un irresistibile piacere per lo spettacolo operistico, la diffusione di una contagiosa aria di festa che ha il suo noto epicentro nel Teatro Comunale fiorentino tramite il Maggio Musicale. Durante l'intero anno, ad ogni modo, hanno luogo numerose manifestazioni musicali costituite anche da opere sia italiane che straniere grazie alle quali il palcoscenico toscano, noto su scala internazionale, si arrichisce dei migliori artisti del momento.

Quella dell'opera italiana è una tradizione che affonda le sue radici nel lontano 1600, quando per la prima volta si assiste ad una rappresentazione che si avvale di uno stile musicale che si afferma durante il Rinascimento come frutto della venerazione per l'antichità classica: il genere della monodia, ispirato al canto greco e costituito dalla sola voce solista con accompagnamento musicale ridotto al minimo. Ripresa nel XVI secolo dalla cosiddetta Camerata de' Bardi, una cerchia di musicisti e di letterati fiorentini, la scrittura monodica raggiunge il suo livello più alto con la realizzazione di uno spettacolo che senza precedenti fonde musica, canto, dialogo ed espressione drammatica. L'opera in questione è l'Euridice, un dramma mitologico-pastorale di Ottavio Rinuccini (1562-1621), messo in musica nel 1600 da due cantanti professionisti, Jacopo Peri (1561-1633) e Giulio Caccini (1550 circa-1630), in occasione delle feste per le nozze di Enrico IV di Francia con Maria de' Medici. Un evento che ci porta piacevolmente indietro nel tempo e di cui occorre ricordare il contesto storico, la valenza politica e soprattutto la rivoluzionaria atmosfera artistica con la quale s'inaugura una nuova era musicale.


L'Euridice con la regia di Zeffirelli a Boboli

Come tanti matrimoni dell'epoca anche questo fu destinato a rispondere ad un preciso disegno politico: quello promosso da papa Clemente VIII Aldobrandini che in questo caso fece a meno di condurre la propria politica sul campo di battaglia per adottare l'astuta strategia del talamo nuziale. Ma a quali conseguenze avrebbe dovuto portare una simile pratica diplomatica? Fare in modo che il re di Francia s'imparentasse con una delle casate più care alla Chiesa di Roma voleva dire indurre Enrico IV a venir meno alle promesse fatte ai calvinistì attraverso il famigerato editto di Nantes. E questo in realtà non rappresentava altro che il raggiungimento di un considerevole successo da parte della Chiesa che, affermando il proprio potere in territorio francese, non avrebbe più dovuto temere i calvinisti.

Come di consueto il matrimonio venne celebrato per procura, essendo il re sul campo di battaglia in guerra contro i Savoia. Ma la triste formalità con la quale si decideva del destino di due giovani era niente in confronto all'ìdea di dover trascorrere tutta la vita con una persona della quale non si era innamorati; infelicità che aumentava qualora quest'ultima non s'identificasse con quella realmente amata. E' ciò che accadde alla nobile fiorentina Maria che dovette subire non poche umiliazioni, amarezze e delusioni.a causa del suo fervido amore per il poeta Ottavio Rinuccini, lo stesso autore del testo scelto, guarda caso, per celebrare le nozze di una donna profondamente infelice nella misura in cui infelice e disperata era Euridice, la protagonista del dramma classico.


Piero Tosi, Figurino per "L'Euridice", di J. Peri

I fiorentini, ben consapevoli del significato politico dell'avvenimento fecero in modo che i festeggiamenti del 6 ottobre fossero ricordati come i più sontuosi, i più splendidi dell'epoca. Per questo motivo venne allestito uno spettacolo a cui oggi la storia della musica riconosce il merito di aver dato vita ad uno dei generi attuali più amati: il melodramma che nel XVII secolo rappresentò una novità soprattutto per l'uso del recitativo, intermediario tra la parola e il canto. L'opera narra le vicende del mito classico di Orfeo ed Euridice, modificato nella parte conclusiva che, data l'occasione particolarmente gioiosa per la quale era stata scritta, sostituiva l'originario finale tragico con quello lieto. La prima rappresentazione dell'Euridice ebbe luogo nel salone di Palazzo Pitti dove macchinisti, scenografi e artisti ad ogni livello collaborarono per la realizzazione di uno spettacolo tipicamente barocco con la principale funzione di suscitare meraviglia nello spettatore: archi con nicchie recanti le statue della pittura e della poesia, scene che si tramutavano a vista in base alle esigenze drammaturgiche, ogni elemento scenico doveva essere in grado di regalare forti emozioni al pubblico che probabilmente non immaginava l'importanza che per noi avrebbe avuto un avvenimento di simili proporzioni artistiche. Grazie al teatro comunale fiorentino il nostro secolo ha cercato di riprodurre le meraviglie di quest'opera per due volte: nel maggio degli 1960 e 1965. Di straordinaria importanza la rappresentazione del '60 che, 'firmata' dalla regia di Franco Zeffirelli, dalla coreografia di Ani Radosevic e dai costumi di Piero Tosi, allestita all'intemo del giardino di Palazzo Pitti, può essere indubbiamente considerata un mirabile e fedele 'remake' del meraviglioso spettacolo barocco. Infine è da ricordare che fra qualche anno ricorrerà il quattrocentenario dalla prima rappresentazione fiorentina. Aspettando quel momento nulla ci vieta di augurarci che il Teatro Comunale di Firenze organizzi una terza messa in scena dell'Euridice realizzando magari una versione altrettanto fastosa e stupefacente, memore dei grandiosi spettacoli del XVII secolo.


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