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Di Antonella Romualdi
Direttore della sezione etrusca del Museo Archeologico di Firenze




Il leone di Val Vidone


In occasione dell'apertura della mostra sui materiali scoperti nel porto di S.Rossore è stato possibile esporre di nuovo, dopo più di trenta anni, il leone di val Vidone, uno dei monumenti più significativi della scultura etrusca che fino dall'Ottocento è entrato a far parte delle collezioni del Museo Archeologico di Firenze. Il monumento funerario rinvenuto nel 1852 a Tuscania nella necropoli di Val Vidone ed acquistato nel 1898, assieme ad altre antichità, dal Museo Archeologico di Firenze, era costituito da un podio circolare del diametro originario di circa di cinque metri al centro del quale poggiava il leone scolpito in nenfro, la pietra vulcanica di origine locale. Il leone, raffigurato in atteggiamento minaccioso ed aggressivo, la cui forza volta ad allontanare eventuali intrusi sembra evocare nello stesso tempo anche le potenze del mondo dell'aldilà, con ogni probabilità era collocato di fronte all'ingresso di una tomba a camera, come sembrano indicare le scarne notizie sul ritrovamento conservate nell'archivio storico. Sulla cornice di due blocchi della base, sagomata a guisa di altare, di cui restano solo quattro elementi smontati all'epoca del rinvenimento e poi recuperati nella cantina del proprietario del terreno, corre da destra verso sinistra una iscrizione in caratteri quadrati che segnala il nome del defunto sepolto nella tomba: eca suthi nevznas arnthal nès.. e cioè "questa tomba di nevzna arnth...". Il leone di val Vidone, riferibile al quarto secolo a.C., per le dimensioni ( è lungo circa m.1,60 ed è alto m.1,10) e la qualità della resa formale, che conserva tratti arcaizzanti soprattutto nella criniera, spicca all'interno del folto gruppo di leoni di pietra posti come guardiani delle tombe nelle necropoli dell'Etruria meridionale. L'iconografia e lo stile rimandano a modelli ben documentati nella Grecia orientale. Sistemato alla fine dell'Ottocento nel giardino del Museo Archeologico di fronte alla tholos di Casale Marittimo e successivamente collocato negli anni Sessanta nel grande salone del Palazzo degli Innocenti, il leone di val Vidone fu trasferito nel deposito di Villa Corsini agli inizi degli anni Ottanta a causa dei lavori di ristrutturazione del Museo. Al suo rientro dalla grande mostra sugli Etruschi organizzata nel 1999 a Città del Messico, il leone è stato collocato all'ingresso del lungo corridoio, un tempo suddiviso al piano inferiore in piccole stanzette anguste, all'interno delle quali, fino all'alluvione del 1966, erano collocati i materiali del Museo Topografico Centrale dell'Etruria: al di sopra vi era una terrazza coperta dove erano esposte numerosissime epigrafi latine provenienti dalle collezioni del Museo quasi a formare un vero e proprio Lapidarium. Questa sistemazione era stata realizzata negli anni quaranta, per sopperire alla cronica mancanza di spazio del Museo, restringendo l'originaria estensione del giardino e coprendo le alte arcate al confine su via Laura dove nei primi anni del Novecento erano state sistemate le sculture. Il lavori di restauro effettuati negli anni Ottanta hanno ripristinato le arcate mantenendo la copertura di quella che era sempre stata una parte del giardino. Il leone di Val Vidone dunque si trova oggi non lontano in linea d'aria dalla sua primitiva posizione quasi a ricordare a tutti noi la storia passata del Museo Topografico e l'impegno di restituire a Firenze quel Museo della Civiltà Etrusca che auspichiamo ormai da gran tempo.Per l'esposizione si è optato per la scelta di ripristinare la posizione ormai storicizzata adottata al momento del suo ingresso in Museo che non è come abbiamo visto quella originaria poichè il podio non è giunto a noi nella sua interezza. I lavori programmati per assicurare la stabilità del leone e nello stesso tempo garantirne la piena visibilità, non sono ancora ultimati. I tecnici della Soprintendenza Archeologica, con la direzione dell'architetto Pia Petrangeli, i restauratori Paolo Pecchioli e Gabriele Bolognesi, coadiuvati dall'ing. Manni e dalla ditta Schaller, con l'apporto di Massimiliano Montenovi, hanno elaborato il progetto dei sostegni che saranno realizzati con la fibra di carbonio. La ditta Dandoli ha realizzato il ponteggio provvisorio. Abbiamo scelto di mostrare il lavoro "in progress" ritenendo che questo eccezionale monumento non potesse tornare ad essere sepolto nei depositi del Museo Archeologico.


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