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Di Cinzia Dugo





Arte a vita alla Ken's Art Gallery!

Girandole di colori, infuocati o impalpabili che irretiscono profumi e sensazioni, carrellate di forme, immote o dinamiche che inneggiano alle emozioni piu' profonde, sequenze di immagini concrete, sospese e fuori del tempo, visioni di oniriche realta' che evocano sentimenti o coinvolgono intellettualmente. Questo e tanto altro e' cio' che si sprigiona da un grido di liberta', la liberta' di esprimersi, di essere, di manifestarsi, quella che si raggiunge nell'arte e in tutte le sue variegate forme; un grido energico, prorompente come quello che costantemente si ode provenire dal cuore di Firenze e che tra le pareti e gli spazi di uno dei maggiori centri artistici della citta' sembra frantumarsi in voci flebili, richiami materici, suoni contemplativi misti a canti ipnotici ed ammalianti. Alle evocazioni di questa incantevole sirena dell'arte a cui diamo nome Ken's Art Gallery e' impossibile sfuggire, soprattutto adesso che al lavoro intenso e fervido si aggiunge un particolare senso di soddisfazione, di orgoglio dovuto alla ricorrenza del ventesimo anno di indefessa 'navigazione' nei mari dell'arte dedicato a tale strumento di espressione e ai suoi piu' geniali interpreti. Il 2000 infatti premia la Ken's Art Gallery riconoscendole il merito di aver dato vita, grazie ad una preziosa energia propulsiva proveniente in parte dal talento degli artisti, in parte dal sostegno dei suoi numerosi amici, ad un crocevia culturale di grande forza e costanza, sopravvissuto a momenti di grossa difficolta' legati soprattutto al tragico evento dello scoppio della bomba a due passi da via Lambertesca dove ha sede la struttura. Onori e gloria quindi alla fucina artistica di Walter Bellini, abile direttore, fine scopritore di geni, capace di tradurre una grande passione in una professione votata all'arte contemporanea, a dispetto di quanti ritengono che Firenze, ancorata com'e' da sempre (e fortunatamente!) agli osannati splendori rinascimentali non abbia da offrire altro che questo, non sia in grado di sostenere un dialogo sul piano della contemporaneita' aperto ai confronti di ampio respiro con le piu' insigni capitali culturali estere. La bellezza del capoluogo toscano non dovrebbe rappresentare un limite od un cliche' al quale con sistematicita' si attengono orde di turisti che servilmente ripercorrono le tappe tradizionali dei suoi tesori, ma costituire un modello di civilta' rinascimentale senza tuttavia oscurare la sensibilita' di chi fa arte meditando sul passato, ma profondamente radicato nel presente e soprattutto proiettato verso il futuro. Di questo e' pienamente convinto il conduttore della galleria che, dopo aver superato il preconcetto di una Firenze vincolata dal passato, con invidiabile entusiasmo nel lontano 1980 decide di investire tutti i suoi sogni sull'arte contemporanea, di portare avanti senza appoggi politici, ne' economici, in maniera assolutamente privata, un progetto che, allora come oggi, poteva apparire ardito ma degno di ammirazione: dare spazio ad artisti sconosciuti, giovani e inesperti seppur pieni di talento, farli decollare ed unire il loro successo a quello della galleria con tutti i rischi che comportava impegnarsi in una totale fusione con essi. Nel corso degli anni non sono mancate le esperienze negative che hanno messo a dura prova la volonta' e la passione di Bellini. Quella della bomba e' sicuramente la piu' clamorosa affrontata e superata con l'aiuto degli stessi artisti che sono rimasti al fianco del loro promotore ed hanno reso possibile la riapertura della galleria rimasta chiusa per un anno intero a causa di dissesti stradali. In occasione poi del 'ritorno in carreggiata' un'idea geniale celebra la rinascita della galleria: l'inaugurazione di una mostra inesistente con la partecipazione di artisti ed amici circondati da pareti vuote per lanciare un significativo invito che voleva concretizzarsi non tanto in un aiuto economico quanto in un eroico "siamo pronti a ripartire, gli spazi aspettano di essere riempiti". In questo modo la galleria riprende la sua normale attivita' continuando a dare credito all'arte contemporanea espressa da artisti affermati e soprattutto da giovani, destinata ad un pubblico affezionato prevalentemente estero, da anni assiduo frequentatore della Ken's. Arriviamo al 1999, l'anno del 'rush' finale con cui Bellini ha inteso salutare il millennio attraverso l'allestimento di ben 21 mostre tra collettive e personali, uno sforzo dettato dall'ansia di promuovere e rivelare le opere degli artisti emergenti. E proprio a coloro che hanno contribuito a decretare il successo della galleria va ascritto un ruolo di rilievo per aver dimostrato che l'arte contemporanea, pur non avendo vita facile, possiede comunque una propria identita', destinata a crescere e in grado di vivificare e rinnovare la vita culturale del nostro paese. Tanti e apprezzati sono i protagonisti della Ken's (dai pittori Colli, Falzoni, Fusi, Lastraioli, Marietti, Meli, Mracevic, Nigiani, Pellegrini, Ruzzi, Suknovic, Talani agli scultori Bottaro, Chiurulla, Dobrilla, Galligani, Maggi, Marietti, Muratori e ai ceramisti Montuschi, Staccioli etc.), ma uno spazio particolare vorremmo dedicarlo a due artisti sui quali punta e investe con sicurezza il sottile intuito di Bellini e che apparentemente dissimili in realta' presentano molti punti di contatto: Luca Marietti e Tomaso Bottaro. Il primo pluridecorato e riconosciuto come uno dei migliori rappresentanti italiani della scultura e della pittura contemporanea, l'altro, astro nascente, inseguito dal sogno della scultura che realizza con un talento esplosivo pieno di forza, intelligenza e sensibilita'. Un pensiero poliedrico costituisce il punto di partenza di Marietti nella cui produzione filoni diversi quali la pittura, la scultura e l'archeoingegneria convivono, s'intersecano e concorrono alla elaborazione di una concezione dell'arte che aspira ad emulare la vita esaltandone l'aspetto dinamico, il carattere mutevole, l'inarrestabile continuita'. Da questa fusione e dal bisogno di sperimentare nascono opere, macchine in movimento, oggetti fantastici costruiti attraverso l'assemblaggio di materiali diversi e capaci di penetrare la realta' demistificandola con toni arcani e misteriosi. Analogamente Bottaro dopo aver conseguito con il massimo dei voti la laurea in scultura all'Accademia delle Belle Arti di Firenze si dedica alla ricerca e alla sperimentazione di forme in movimento che successivamente diventano capaci di produrre suoni. Il giovane si era gia' distinto in occasione del concorso indetto per il conferimento del premio Rinaldo Carnielo, organizzato dal Comune di Firenze con lo splendido "Corparmonico", la scultura vincitrice oggi conservata al museo Bardini. La portata rivoluzionaria, innovativa di questo primo premio ispirato ad un mito platonico si misura in quegli aspetti di cui tutti i lavori bottariani conservano tracce: l'accostamento di materiali diversi (rame, ferro, legno, etc.), l'emissione di suoni e la mobilita' dell'oggetto strettamente connessa alle sue potenzialita' musicali. Nel caso di "Corparmonico" tali caratteristiche si configurano come le propaggini sensibili dell'anima intellettiva dell'opera: un'interpretazione in chiave contemporanea dell'armonia cosmica, specchio della perfezione divina, raggiunta mediante la razionalita', la matematica che, applicata al mondo delle note, durante il Rinascimento (tema richiesto dal concorso), veniva utilizzata per comporre architetture, strutture di dipinti, sculture etc. La ricerca dello scultore prosegue in questa direzione approfondendo il rapporto con il tandem matematica-musica e lasciandosi influenzare dal fascino ancestrale dei Dolmen, i monumenti di eta' neolitica che ispirano la realizzazione di "Rumps", altra 'macchina sonante e dinamica' fondata anch'essa sulla combinazione di energia e ritmo (Ken's Art Gallery dicembre '99). Tutte le sculture di Bottaro, vere e proprie elucubrazioni scientifiche sembrano essere dotate di virtu' sovrannaturali ed il loro essere basate su operazioni prettamente cerebrali non entra in contrasto con la capacita' di condurre il fruitore mediante la contemplazione dei movimenti o la fascinazione dei suoni al contatto con l'essenza primordiale della vita, la dimensione prima della nostra esistenza. E' come se nei lavori di questo giovane che alla fase progettuale fa seguire con estrema disinvoltura quella tecnico-pratica cimentandosi nella fusione di metalli, in operazioni da falegnameria, nella realizzazioni di forme in gesso e in altri approci che richiedono competenze specialistiche, confluissero gli echi di una vita lontana, remota, di una dimensione a noi aliena ma da cui ci sentiamo terribilmente attratti e che possiamo immaginare di sfiorare attraverso cio' che l'oggetto lascia percepire ai nostri sensi. Potrebbe trattarsi della vita interna della stessa coscienza umana che vede barcollare la sua posizione antropocentrica per trovarsi paradossalmente incapsulata nel vuoto di un oggetto, di una cosa, statica e immobile. Una triste sorte per il presuntuoso ego umano! Tuttavia e' proprio da questo che si evince la genialita' di Tomaso Bottaro: la capacita' di cogliere porzioni di vita emozionale, costruire per esse un involucro, un corpo materico e favorire l'emersione della loro anima con strumenti inverosimilmente meccanici, oggetti apparentemente privi di vita, sospinti in realta' da un'energia interna che mutuano dai loro stessi 'ospiti' e forse anche da chi si sofferma ad osservarli. Benche' diversi siano i percorsi o le attuali posizioni dei due artisti simili quindi appaiono le loro predilezioni, le loro inclinazioni. Due grandi rivelazioni della Ken's Art Gallery che si occupa degli artisti non solo per farli decollare, ma anche per fornire loro uno spazio in cui incontrarsi, conoscersi, scoprirsi a vicenda, un modo per continuare a dare all'arte cio' che da sempre la contraddistingue e le spetta: la varieta' e perche' no? l'eternita'.


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