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di Stefano Filipponi



La Certosa di Galluzzo


«Io non vi poterei mai dicere quanto io affetto la perfectione de lo nostro santo monistero, imperò quel loco consola li miei spiriti quanto più sono affannati»; così scriveva all'amico Boccaccio il banchiere fiorentino Niccolò Acciaiuoli, per informarlo dell'amorevole attenzione con cui dal 1342 stava seguendo la costruzione della Certosa di Firenze da lui stesso interamente finanziata.

Certo non era stata l'esigenza di ritiro spirituale a convincere quest'uomo, così ricco da poter prestare soldi alla corte del Regno di Napoli, a destinare parte dei suoi guadagni alla fondazione di un nuovo monastero; ben altro ci si aspettava da una tale impresa: la fama terrena e un futuro assicurato nel regno dei cieli. Per questo già a ventotto anni, nella prima redazione del proprio testamento, aveva accennato al futuro monastero, sei anni dopo iniziarono i lavori sulla cima del Monte Acuto, un luogo ideale perché spiccando tra le colline a sud di Firenze avrebbe garantito allo stesso tempo la sicurezza e il massimo risalto alla nuova Certosa. Una scelta sicuramente azzeccata, visto che ancora oggi le sue mura dominano l'intera Val d'Ema, ben visibili sia dalla statale Cassia che dall'autostrada A1. Per arrivare al monastero in macchina da Firenze bisogna prendere la via Senese dal piazzale di Porta Romana, dopo circa tre chilometri tra colline coltivate ad ulivo e punteggiate da ville signorili si giunge al Galluzzo, dove una breve strada in salita conduce alla Certosa. Il primo edificio del complesso monastico che si vede è il blocco compatto del Palazzo Acciaiuoli, la residenza che il munifico fondatore fece erigere per godersi la tranquillità del monastero; un desiderio mai realizzato, visto che alla sua morte nel 1365, si era costruito solo il primo piano e fu solo alla metà del Cinquecento che il palazzo venne completato, unendolo al resto della Certosa. Oggi la parte trecentesca è occupata dai laboratori di restauro del libro della biblioteca Vieusseux, mentre al livello sovrastante è stata collocata la pinacoteca, da cui comincia la nostra visita.
Qui è raccolto ciò che resta del patrimonio artistico della Certosa, nonostante i numerosi "prelievi" subiti nel corso degli anni rimangono molte opere interessanti a documentare la produzione artistica fiorentina tra il secondo Trecento e il Settecento (da segnalare i dipinti di Jacopo del Casentino, Raffaellino del Garbo, Cigoli, Sebastiano Ricci). Un discorso a parte meritano gli straordinari affreschi che il Pontormo realizzò per il chiostro nel 1523-25, quando il genio del manierismo toscano soggiornò alla Certosa per sfuggire la peste che aveva colpito Firenze; le cinque Storie della Passione di Cristo, spostate nella pinacoteca per esigenze di restauro, ci affascinano proprio per la drammaticità che tanto infastidì Vasari. A differenza del Palazzo Acciaiuoli il monastero fu completato nel giro di pochi anni e consacrato nel 1395, ma anch'esso si presenta oggi con un aspetto composito, a causa dei numerosi rifacimenti e ampliamenti che si susseguirono fino al XVII secolo. Attualmente la Certosa è un insieme essenzialmente tardorinascimentale, caratterizzato da un misurato classicismo, come appare subito chiaro uscendo dalla pinacoteca e girando a destra verso il piazzale realizzato alla metà del Cinquecento per raccordare il palazzo con la chiesa di San Lorenzo che vediamo di fronte a noi. La chiesa è composta da due ambienti posti longitudinalmente e separati tra loro: il primo per i "fratelli conversi" che assistevano i monaci occupandosi di tutte le incombenze pratiche, quello più vicino all'altare riservato ai monaci di clausura. La prima parte della chiesa e la facciata sono contemporanei al cortile, mentre la "chiesa dei monaci" conserva ancora l'antica struttura gotica a sala unica coperta con volte a crociera, ma all'interno anch'essa è stata completamente rinnovata nel XVI secolo, arricchita con i marmi dell'altare, il nuovo coro a tarsie lignee e gli affreschi di Bernardino Poccetti. Questa coesistenza delle strutture medioevali con gli interventi successivi caratterizza tutti gli elementi del monastero, a cominciare dal colloquio, il corridoio a sinistra della chiesa in cui ai monaci era consentito, una volta a settimana, radunarsi per interrompere l'obbligo del silenzio. Alla fine del corridoio, in cui va segnalato un Cristo portacroce di Andrea della Robbia, troviamo l'elegante chiostrino che funge da fulcro all'intero complesso: da qui, attraverso una porta decorata dal San Lorenzo tra due angeli terracotta di, si arriva al refettorio, al chiostro grande e alla sala del Capitolo, dove i monaci si riunivano per discutere problemi che riguardavano l'intera comunità.


Una sala di piccole dimensioni ma arricchita da una Crocifissione affrescata da Mariotto Albertinelli (1506) e dal monumento funebre di Leonardo Buonafé di Francesco da Sangallo (1550) che realizzò anche il pavimento in marmi policromi. A questo punto si passa alle spalle della chiesa dove si apre il grandissimo spazio del Chiostro dei monaci: lungo i suoi lati, elegantemente scanditi da arcate del primo Cinquecento, si allineano le 18 celle in cui i certosini passavano gran parte della loro vita, uscendo solo per le messe e per i pasti dei giorni di festa. Questo luogo ci affascina per la sua luminosità e la grande eleganza delle decorazioni (capitelli finemente intagliati, busti in terracotta di Giovanni Della Robbia, affreschi sopra le porte delle celle) di cui facevano parte anche gli affreschi di Pontormo; una bellezza destinata ad essere goduta in assoluto silenzio. Da qui si torna al piazzale e allo scalone che abbiamo percorso per salire alla pinacoteca, la visita storico artistica è terminata ma si può ancora sostare nello spiazzo d'ingresso per godersi lo splendido panorama, oppure fare una sosta nella farmacia del monastero per provare un bicchiere dei liquori d'erbe preparati dai monaci e magari comprare una bottiglia del più gradito. Protetta nel suo isolamento la Certosa ha visto passare sei secoli al ritmo immutabile della clausura, conservando la propria straordinaria bellezza; dal 1957 i certosini sono stati sostituiti da monaci cistercensi che da allora hanno garantito la regolare apertura del monastero al pubblico: i suoi tesori sono ora accessibili a tutti ma allo stesso tempo ad ognuno di noi si è estesa anche la responsabilità della loro conservazione.

La Certosa è raggiungibile con l'autobus 37 che parte dalla Stazione di Santa Maria Novella, i monaci organizzano visite guidate dal martedì alla domenica dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Per informazioni tel. 055.2049226.


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